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Sovraesposizione digitale: considerazioni deleuziane

[fonte foto: excelsior.com]

In quest’epoca di continua commercializzazione del sé e della propria immagine, dove sono i confini tra l’esporre la propria esistenza particolare, finita e domestica e il nostro essere non visto (o meglio visualizzato)? La nostra esistenza particolare è diventata lo sfondo di un algoritmo in cui ci siamo strumentalizzati volontariamente.

Gli utenti sono diventati come l’incipit del romanzo Troppi Paradisi di Siti: «Mi chiamo Walter Siti. Campione di Mediocrità». In cui campione assume il doppio significato: l’essere come un’analisi di campione e, al tempo stesso, primo tra la schiera dei mediocri (e dunque divenire una contrapposizione in termini). Ma è proprio la mediocritas che assicura l’efficienza dell’algoritmo: nella serialità c’è visibilità.

Ne parla a tal proposito Francesco Catania, nell’interessante articolo intitolato: Algoritmi o autonomia, tra libera espressione e commercio delle anime” – lemuraditreviso.

di Erika Massimo

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Tag: , , Last modified: Febbraio 6, 2024
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